
Autorizzazione all’installazione di impianti di rilevazione presenze: cos’è e perché è obbligatoria per le aziende? L’autorizzazione è il permesso formale che ogni datore di lavoro deve ottenere prima di installare sistemi elettronici per il controllo degli accessi e delle presenze dei dipendenti, come badge, tornelli, lettori biometrici o software di timbratura digitale.
In Italia, la legge tutela la privacy e la dignità dei lavoratori: ogni strumento che può anche solo potenzialmente controllare a distanza l’attività lavorativa richiede un’autorizzazione preventiva. Senza questa autorizzazione, il datore di lavoro rischia sanzioni pesanti, la nullità dei dati raccolti e possibili contenziosi con i dipendenti.
Cos’è l’autorizzazione all’installazione di impianti di rilevazione presenze
L’autorizzazione è un provvedimento rilasciato dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) o, in alternativa, un accordo sindacale aziendale, che permette all’azienda di installare e utilizzare strumenti elettronici per registrare ingressi, uscite e permanenza dei lavoratori in azienda. Non basta acquistare un sistema: serve il via libera formale.
A cosa serve e quando è obbligatoria
Serve a garantire che la raccolta dei dati avvenga nel rispetto delle norme sul lavoro e della privacy. È obbligatoria ogni volta che gli impianti possono, anche indirettamente, controllare l’attività dei dipendenti. Non importa la tecnologia: badge, impronta digitale, riconoscimento facciale, app di timbratura – la regola non cambia.
Come funziona la richiesta di autorizzazione
Il datore di lavoro deve presentare domanda all’ITL, specificando le ragioni organizzative, produttive, di sicurezza o tutela del patrimonio che giustificano l’installazione. In alternativa, può stipulare un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, se non presenti, con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
La domanda deve essere dettagliata: vanno indicati tipo di impianto, modalità di funzionamento, dati trattati, tempi di conservazione, misure di sicurezza e modalità di informazione ai lavoratori.
Esempi pratici
- Un’azienda vuole installare tornelli con badge per controllare gli accessi: serve l’autorizzazione ITL o accordo sindacale.
- Un’impresa introduce un software di timbratura via smartphone: anche in questo caso serve il via libera.
- Un sistema di videosorveglianza che registra anche gli orari di ingresso e uscita: doppia attenzione, perché si sommano le regole sulla videosorveglianza e sulla rilevazione presenze.
Differenze con altri strumenti simili
Attenzione a non confondere la rilevazione presenze con la semplice registrazione manuale (es. foglio firme): quest’ultima non richiede autorizzazione, ma deve comunque rispettare la privacy. Diverso è il caso degli impianti elettronici, sempre soggetti a permesso.
FAQ – Domande frequenti
- Serve l’autorizzazione anche per un semplice badge? Sì, se il sistema registra dati e può essere usato per controllare l’attività.
- Quanto tempo ci vuole per ottenere l’autorizzazione? Dipende dall’ITL, ma in media alcune settimane. Meglio pianificare per tempo.
- Posso installare prima e chiedere dopo? No. L’autorizzazione va ottenuta prima dell’installazione e dell’utilizzo.
- Chi rischia se non rispetto la procedura? Il datore di lavoro: sanzioni amministrative, penali e rischi di contenzioso.
- Devo informare i lavoratori? Sì, sempre. L’informativa è obbligatoria e deve essere chiara e completa.
Storia e ultimi aggiornamenti
La disciplina nasce dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), aggiornato dal Jobs Act (D.Lgs. 151/2015) che ha esteso l’obbligo di autorizzazione a tutti gli strumenti che possono anche solo indirettamente controllare i lavoratori. Il Garante Privacy e l’INL hanno pubblicato linee guida e chiarimenti per adattare la normativa alle nuove tecnologie, come la timbratura via app e i sistemi biometrici.
Ultimamente, con la diffusione dello smart working e delle app di rilevazione presenze da remoto, il tema è tornato centrale. Le aziende devono aggiornare le procedure e le informative, anche in ottica GDPR.