Contratto di lavoro a progetto: regole, gestione e rischi per aziende

Contratti di solidarietà 2024: come ottenere gli sgravi contributivi

Il contratto di lavoro a progetto è una forma contrattuale introdotta per regolare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa legati a uno specifico progetto o programma di lavoro. Oggi il lavoro a progetto non può più essere attivato per nuovi rapporti, ma la sua corretta gestione e chiusura resta fondamentale per le aziende che hanno ancora rapporti in essere o che si trovano a gestire contenziosi o verifiche ispettive su periodi passati.

In sintesi: il contratto di lavoro a progetto (o co.co.pro.) era un rapporto di collaborazione autonoma, ma con caratteristiche di coordinamento con l’azienda, finalizzato al raggiungimento di un risultato specifico. La normativa italiana lo ha abolito dal 2015, ma molti datori di lavoro devono ancora gestire gli strascichi amministrativi, contributivi e fiscali di questi rapporti.

Cos’è il contratto di lavoro a progetto

Il contratto di lavoro a progetto era regolato dal D.Lgs. 276/2003 (Legge Biagi) e rappresentava un compromesso tra lavoro autonomo e subordinato. Il collaboratore era chiamato a svolgere un’attività finalizzata al raggiungimento di uno o più progetti specifici, individuati dal committente. Il rapporto doveva essere formalizzato per iscritto, con l’indicazione chiara del progetto, della durata, del compenso e delle modalità di coordinamento.

A cosa serviva il lavoro a progetto

Lo scopo principale era garantire maggiore flessibilità alle aziende e ai lavoratori rispetto al lavoro subordinato, pur mantenendo alcune tutele. Il lavoro a progetto era particolarmente diffuso in settori dove servivano competenze specifiche per attività temporanee o innovative, come informatica, consulenza, ricerca, comunicazione.

Come funzionava il contratto a progetto

  • Progetto definito: ogni contratto doveva indicare un obiettivo chiaro e autonomo rispetto all’attività ordinaria dell’azienda.
  • Autonomia: il collaboratore gestiva in autonomia tempi e modalità di lavoro, salvo coordinamento con il committente.
  • Durata: legata al completamento del progetto, non predeterminata come nei contratti a tempo determinato.
  • Compenso: pattuito tra le parti, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto.
  • Contributi: iscrizione alla Gestione Separata INPS e versamento dei contributi previdenziali.
  • Tutele: previste per maternità, malattia, infortuni, ma non equiparabili a quelle del lavoro subordinato.

Esempi pratici

Un’azienda IT poteva attivare un co.co.pro. per sviluppare una nuova piattaforma digitale. Una società di consulenza poteva affidare a un collaboratore la realizzazione di un report di ricerca, con durata e obiettivi ben definiti.

Differenze con altri contratti simili

  • Co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa): non richiede un progetto specifico, può essere più generica.
  • Lavoro subordinato: prevede vincolo di orario, potere direttivo e inserimento nell’organizzazione aziendale.
  • Lavoro autonomo: totale indipendenza, nessun coordinamento o vincolo con il committente.

Domande frequenti (FAQ)

Si possono ancora stipulare contratti a progetto?
No, la legge ha abolito questa forma contrattuale dal 2015. Oggi si possono solo gestire i rapporti preesistenti.
Cosa succede ai contratti a progetto ancora in essere?
Devono essere chiusi secondo le regole vigenti all’epoca della stipula. Eventuali controversie sono ancora possibili.
Quali rischi per l’azienda?
Rischio di riqualificazione in lavoro subordinato in caso di ispezioni o contenziosi, con conseguenze economiche e contributive.
Che differenza c’è con il lavoro autonomo?
Il lavoro a progetto prevedeva un coordinamento e un obiettivo specifico, il lavoro autonomo puro no.

Storia e ultime novità

Il contratto a progetto è stato introdotto nel 2003 per regolare una zona grigia tra lavoro autonomo e subordinato. L’abuso di questa forma contrattuale ha portato a molte controversie e a un uso distorto, spesso per mascherare rapporti di lavoro subordinato. Per questo il Jobs Act (D.Lgs. 81/2015) ne ha decretato l’abolizione dal 1° gennaio 2016. Oggi le aziende devono vigilare sulla corretta gestione dei rapporti pregressi e sulle eventuali richieste di verifica da parte degli enti di controllo.

Fonti autorevoli