Indennità di trasferta: cos’è, a cosa serve e come si gestisce davvero in azienda? L’indennità di trasferta è una somma che il datore di lavoro riconosce al dipendente quando viene inviato a svolgere attività lavorativa fuori dalla sede abituale. Serve a coprire le spese extra sostenute dal lavoratore durante la trasferta, come vitto, alloggio e trasporti. In Italia, la disciplina dell’indennità di trasferta è regolata principalmente dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), ma anche da norme fiscali e previdenziali precise.
Che cos’è l’indennità di trasferta
L’indennità di trasferta è un rimborso o una somma forfettaria erogata al lavoratore che svolge temporaneamente la propria attività fuori dalla sede di lavoro abituale. Può essere riconosciuta in aggiunta o in alternativa al rimborso analitico delle spese sostenute. L’obiettivo è tutelare il lavoratore e compensare i costi aggiuntivi derivanti dallo spostamento per motivi di servizio.
A cosa serve e quando spetta
La trasferta si verifica quando il dipendente è chiamato a lavorare in un luogo diverso dalla sede abituale, per un periodo limitato e per esigenze aziendali. L’indennità di trasferta serve a coprire le spese di viaggio, vitto e alloggio, ma anche eventuali altri costi legati allo spostamento. Spetta solo in presenza di una reale esigenza aziendale e di un ordine di servizio formale.
Come funziona e come si calcola
Il calcolo dell’indennità di trasferta dipende dal CCNL applicato e dalla politica aziendale. In genere, si distinguono:
- Indennità forfettaria: una somma fissa giornaliera, indipendente dalle spese effettivamente sostenute.
- Rimborso spese analitico: rimborso delle spese documentate (ricevute, fatture).
- Rimborso misto: combinazione tra quota forfettaria e rimborso di alcune spese documentate.
Le soglie di esenzione fiscale sono stabilite dall’art. 51 del TUIR: fino a 46,48 euro al giorno per trasferte in Italia (77,47 euro all’estero) se l’indennità è forfettaria. Se si rimborsano anche vitto e/o alloggio, i limiti si riducono. Queste soglie sono fondamentali per evitare l’imponibilità fiscale e contributiva.
Esempi pratici di gestione
Un dipendente viene inviato per 3 giorni in un’altra città per seguire un cliente. L’azienda può:
- Riconoscere una diaria forfettaria di 40 euro al giorno (esente da imposte e contributi).
- Rimborsare le spese di viaggio e alloggio su presentazione di ricevute.
- Applicare un rimborso misto: diaria ridotta più rimborso di alcune spese documentate.
La scelta va sempre formalizzata e comunicata chiaramente al dipendente.
Differenze con altri istituti simili
L’indennità di trasferta si distingue dal rimborso spese puro (che copre solo i costi documentati) e dall’indennità di trasferimento (che riguarda il cambio definitivo della sede di lavoro). Attenzione a non confondere la trasferta con il distacco, che ha regole diverse.
FAQ – Domande frequenti
- L’indennità di trasferta è obbligatoria? No, dipende dal CCNL e dalla prassi aziendale, ma è fortemente consigliata per tutelare il lavoratore.
- È sempre esente da imposte? Solo entro i limiti previsti dalla legge e se correttamente documentata.
- Serve un ordine scritto? Sì, la trasferta va sempre formalizzata.
- Vale anche per trasferte all’estero? Sì, con limiti di esenzione più alti.
- Come si gestisce in busta paga? Va indicata in modo separato rispetto alla retribuzione ordinaria.
Storia e novità recenti
L’indennità di trasferta nasce per tutelare i lavoratori già nei primi CCNL del dopoguerra. Negli ultimi anni, le soglie di esenzione fiscale sono state aggiornate più volte, soprattutto per adeguarsi all’aumento del costo della vita e alle nuove forme di lavoro agile. Oggi, la digitalizzazione semplifica la rendicontazione delle spese e la gestione amministrativa delle trasferte. Le aziende devono prestare attenzione alle novità fiscali e ai controlli INPS e Agenzia delle Entrate, che verificano la corretta applicazione delle regole.
