
Maternità obbligatoria significa il periodo di astensione dal lavoro che la legge impone alle lavoratrici in gravidanza prima e dopo il parto. In Italia, la maternità obbligatoria è un diritto tutelato e un dovere: nessuna lavoratrice può rinunciarvi, nessun datore di lavoro può impedirla o aggirarla. Serve a proteggere la salute della madre e del bambino, ma anche a garantire che nessuna lavoratrice venga penalizzata per aver scelto di diventare madre.
La maternità obbligatoria è regolata dal Testo Unico sulla maternità e paternità (D.Lgs. 151/2001). Prevede un periodo di astensione dal lavoro di 5 mesi, normalmente suddivisi in 2 mesi prima della data presunta del parto e 3 mesi dopo. In alcuni casi, la lavoratrice può scegliere di lavorare fino a un mese prima del parto, restando poi a casa per i 4 mesi successivi. La maternità obbligatoria si applica a tutte le lavoratrici subordinate, ma anche a quelle iscritte alla Gestione Separata INPS e, con regole diverse, alle autonome.
Come funziona la maternità obbligatoria
Il periodo di maternità obbligatoria è coperto da un’indennità economica a carico dell’INPS, pari all’80% della retribuzione media giornaliera. Alcuni contratti collettivi prevedono un’integrazione fino al 100%. Durante questo periodo, il rapporto di lavoro è sospeso, ma la lavoratrice mantiene tutti i diritti (anzianità, ferie, TFR, ecc.). Il datore di lavoro deve comunicare all’INPS l’inizio e la fine del periodo, e non può chiedere alla lavoratrice di lavorare né in presenza né da remoto.
Obblighi per le aziende
- Gestire correttamente le comunicazioni all’INPS e gli adempimenti amministrativi.
- Garantire il rispetto della sospensione lavorativa e dei diritti della lavoratrice.
- Non licenziare la lavoratrice dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, salvo casi particolari previsti dalla legge.
- Conservare il posto di lavoro e reintegrare la lavoratrice al termine del periodo di maternità obbligatoria.
Esempio pratico
Una dipendente comunica la gravidanza e presenta il certificato medico. L’azienda trasmette la documentazione all’INPS. La lavoratrice si astiene dal lavoro dal settimo mese di gravidanza fino al terzo mese dopo il parto. L’INPS versa l’indennità di maternità direttamente o tramite il datore di lavoro, che integra la quota se previsto dal contratto collettivo.
Differenze con altri termini simili
- Maternità facoltativa (o congedo parentale): periodo di astensione aggiuntivo, non obbligatorio, che può essere richiesto da entrambi i genitori.
- Paternità obbligatoria: periodo di astensione dal lavoro riconosciuto al padre lavoratore, con regole diverse.
- Astensione anticipata: quando, per motivi di salute, la lavoratrice deve smettere di lavorare prima dei 2 mesi precedenti al parto.
FAQ sulla maternità obbligatoria
- La lavoratrice può rinunciare alla maternità obbligatoria?
- No, la legge lo vieta per tutelare la salute della madre e del bambino.
- Chi paga l’indennità di maternità?
- L’INPS, direttamente o tramite il datore di lavoro.
- Cosa succede se la lavoratrice si ammala durante la maternità obbligatoria?
- Le malattie insorte durante la maternità obbligatoria non sospendono né prolungano il periodo di astensione.
- Il periodo di maternità obbligatoria incide su ferie e TFR?
- No, il periodo è considerato come servizio effettivo a tutti gli effetti.
Storia e novità recenti
La maternità obbligatoria è stata introdotta in Italia nel 1950, con l’obiettivo di proteggere le lavoratrici madri. Negli anni, la normativa si è evoluta: oggi sono previste maggiori tutele, possibilità di flessibilità e, in alcuni casi, di estensione del periodo in caso di parto prematuro o complicanze. Le ultime novità hanno ampliato la possibilità di lavorare fino all’ottavo mese, previo parere medico, e hanno rafforzato i controlli sulle aziende per evitare abusi o discriminazioni.