Patto di prova: definizione, regole e vantaggi per le aziende

Patto di prova: definizione, regole e vantaggi per le aziende

Il patto di prova è una clausola contrattuale che permette a datore di lavoro e lavoratore di valutare reciprocamente l’idoneità del rapporto di lavoro, in un periodo iniziale stabilito dalla legge o dal contratto collettivo. In pratica, il patto di prova consente a entrambe le parti di recedere liberamente dal contratto durante il periodo di prova, senza obbligo di preavviso e senza motivazione specifica.

Cos’è il patto di prova e a cosa serve

Il patto di prova, detto anche periodo di prova, è un accordo scritto inserito nel contratto di lavoro all’atto dell’assunzione. Serve a tutelare sia il datore di lavoro, che può verificare se il dipendente possiede le competenze e l’attitudine richieste, sia il lavoratore, che può valutare se le mansioni e l’ambiente lavorativo corrispondono alle sue aspettative.

Come funziona il patto di prova

Il patto di prova deve essere sempre stipulato per iscritto e firmato da entrambe le parti prima dell’inizio dell’attività lavorativa. La durata massima è stabilita dalla legge o dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato in azienda e varia in base al livello di inquadramento e alle mansioni. Ad esempio, per gli impiegati può essere di 3 mesi, per i quadri fino a 6 mesi.

Durata e limiti del periodo di prova

La durata del periodo di prova non può superare i limiti fissati dal CCNL o, in assenza, dalla legge (art. 2096 c.c.). Superato il periodo di prova senza recesso, il rapporto di lavoro prosegue a tempo indeterminato o secondo la tipologia contrattuale scelta, e il servizio prestato si considera a tutti gli effetti utile per l’anzianità.

Recesso durante il patto di prova

Durante il periodo di prova, sia il datore di lavoro sia il lavoratore possono recedere dal contratto in qualsiasi momento, senza obbligo di motivazione e senza preavviso, salvo diverso accordo. Il recesso ha effetto immediato. Se il lavoratore viene licenziato in prova, ha comunque diritto a ricevere la retribuzione per i giorni lavorati e al TFR maturato.

Esempio pratico di patto di prova

Un’azienda assume un impiegato con un patto di prova di 60 giorni. Dopo 40 giorni, il datore di lavoro valuta che il dipendente non è idoneo alle mansioni e comunica il recesso. Il rapporto di lavoro termina subito, senza obbligo di preavviso né di motivazione.

Differenze tra patto di prova e periodo di formazione

Il patto di prova non va confuso con il periodo di formazione o affiancamento: il primo è un diritto contrattuale che consente il recesso libero, il secondo è un percorso di crescita professionale interno all’azienda.

Obblighi e rischi per il datore di lavoro

Attenzione: la mancata forma scritta rende nullo il patto di prova, trasformando il rapporto in definitivo sin dall’inizio. Inoltre, il lavoratore deve essere adibito alle mansioni indicate nel patto: se svolge attività diverse, il periodo di prova non è valido.

FAQ sul patto di prova

  • È obbligatorio inserire il patto di prova? No, ma è fortemente consigliato per tutelare entrambe le parti.
  • Il patto di prova vale per tutti i contratti? Sì, può essere inserito sia nei contratti a tempo indeterminato che determinato, apprendistato e part-time.
  • Si può prorogare il periodo di prova? Solo se previsto dal CCNL e per cause oggettive (es. assenze prolungate).
  • Il recesso in prova deve essere motivato? No, salvo casi di discriminazione o violazione di legge.

Storia e novità recenti

Il patto di prova esiste nel diritto del lavoro italiano da decenni (art. 2096 c.c.), ma è stato oggetto di aggiornamenti, soprattutto dopo il Decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/2022) che ha rafforzato l’obbligo di chiarezza sulle condizioni contrattuali. Le recenti sentenze della Cassazione hanno ribadito la necessità della forma scritta e la nullità di patti generici o troppo vaghi.

Fonti autorevoli